Il trasferimento del lavoratore per incompatibilità ambientale

Il trasferimento, in base a quanto disposto dall’art.2103, comma 8 del c.c., consiste in uno spostamento definitivo e senza limiti di durata del lavoratore da un’unità produttiva a un’altra e può essere disposto dal datore di lavoro, unilateralmente in forza del suo potere direttivo, a condizione che il provvedimento sia motivato da comprovate ragioni tecnicheorganizzative e produttive; ogni patto contrario è nullo.

Pensiamo, ad esempio, al caso in cui la presenza del dipendente in una determinata sede lavorativa si riveli ormai inutile e sia più opportuno collocarlo, in funzione della professionalità posseduta, presso una diversa unità produttiva.

Tali ragioni devono sussistere nel momento in cui il trasferimento viene attuato e devono essere oggettive.

  1. Il trasferimento per incompatibilità ambientale

Si realizza tale ipotesi di trasferimento quando la presenza del dipendente in una determinata sede generi tensioni o contrasti tali da compromettere il buon andamento dell’ufficio, generando dunque una disorganizzazione e disfunzione nell’ambiente lavorativo.

In tali casi, configurandosi le ragioni tecniche, organizzative e produttive richieste dalla norma, il datore di lavoro può procedere al trasferimento del dipendente.

Anche in tale trasferimento rimane insindacabile il merito della scelta imprenditoriale di ricorrere a tale provvedimento e quest’ultima non deve necessariamente essere inevitabile, essendo sufficiente che rappresenti una delle scelte ragionevoli che il datore possa “mettere in campo”.

  1. La posizione della giurisprudenza

La giurisprudenza in più occasioni ha avuto modo di pronunciarsi circa i presupposti di legittimità del trasferimento per incompatibilità ambientale, con riguardo sia al lavoro privato che al pubblico impiego privatizzato, favorendo lo sviluppo di un orientamento consolidato.

La Corte di Cassazione afferma che il trasferimento per incompatibilità aziendale deve essere oggettivamente idonea a determinare disfunzione e disorganizzazione nell’azienda, a nulla rilevando la colpevolezza o la violazione dei doveri d’ufficio del dipendente.

Secondo la giurisprudenza dominante (cfr. Cassazione, 4 maggio 2021, n. 1728) “il trasferimento del dipendente dovuto ad incompatibilità aziendale, trovando la sua ragione nello stato di disorganizzazione e disfunzione dell’unità produttiva, va ricondotto alle esigenze tecniche, organizzative e produttive, di cui all’art. 2103 c.c. piuttosto che, sia pure atipicamente, a ragioni punitive e disciplinari, con la conseguenza che la legittimità del provvedimento datoriale di trasferimento prescinde dalla colpa (in senso lato) dei lavoratori trasferiti, come dall’osservanza di qualsiasi altra garanzia sostanziale o procedimentale che sia stabilita per le sanzioni disciplinari”.

Il controllo giurisdizionale sulle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive “deve essere diretto ad accertare soltanto se vi sia corrispondenza tra il provvedimento datoriale e le finalità tipiche dell’impresa”; lo stesso al contrario non può estendersi al merito della scelta dell’imprenditore, che non deve necessariamente essere inevitabile essendo sufficiente che “il provvedimento di trasferimento possa essere annoverato tra gli strumenti che razionalmente il datore di lavoro può impiegare per rimuovere la situazione suscettibile di pregiudicare l’ordinato svolgimento dell’attività”.

  1. Conclusioni

Il trasferimento del dipendente per incompatibilità ambientale rappresenta un utile strumento a disposizione del datore di lavoro qualora voglia ovviare a disorganizzazioni e disfunzioni dell’unità produttiva alla quale il lavoratore è addetto e va ricondotto alle ragioni tecniche, organizzative e produttive di cui all’art. 2103 c.c.

Il datore di lavoro dovrà prima di tutto valutare la descritta situazione di disorganizzazione e disfunzione dell’unità produttiva (determinata, ad esempio, dai ripetuti contrasti tra due colleghi e dal conseguente clima ostile venutosi a creare) per decidere se il trasferimento rappresenti ragionevolmente una scelta attuabile (non per forza inevitabile) per far fronte alla stessa.

Il provvedimento dovrà, inoltre, essere adottato nel rispetto delle previsioni del Ccnl applicato, che potrebbero prescrivere l’osservanza di un periodo di preavviso in favore del dipendente e il rimborso delle spese sostenute, oltre a prevedere in determinati casi una diaria.

Pur consapevoli delle potenzialità dell’istituto, espressione tra le più ampie del potere direttivo del datore di lavoro, è necessario utilizzare lo stesso con cautela dopo aver analizzato col dovuto approfondimento il caso di specie.

Articolo a cura Avv. Varniero Varnier