Isolamento del lavoratore: è sempre malattia?

Le regole per la corretta gestione di quarantena e isolamento sono state interessate da nuove e recenti modifiche, prima per il tramite del DL 229/2021 e successivamente con il DL 5/2022; entrambi hanno modificato la durata del periodo di quarantena ed il primo anche la durata dei termini di isolamento.

Queste modifiche, insieme al termine del periodo di equiparazione della quarantena a malattia riconosciuta da INPS, hanno riacceso il dibatto in materia di assenze impositive legate al virus COVID-19 e riconoscimento dello stato di malattia del lavoratore.

Se la questione pare essere chiara in materia di assenza per quarantena, meno immediata pare invece la trattazione del tema legato alle assenze per isolamento: il datore di lavoro può richiedere la prestazione lavorativa al dipendente assente ma asintomatico?

Definiamo innanzitutto le differenze fra stato di quarantena e isolamento.

Il Ministero della Salute, con la Circ. 12 ottobre 2020 n. 32850, definisce con il termine

  • isolamento: la separazione delle persone infette da COVID-19 dalla comunità per il periodo di contagiosità al fine di prevenire la trasmissione del virus,
  • quarantena: la restrizione dei movimenti di persone sane che potrebbero essere state esposte al virus per il periodo di incubazione, al fine di monitorare un’eventuale comparsa dei sintomi.

Il legislatore introduce per la prima volta i concetti di isolamento e quarantena, equiparandoli a stato di malattia, con l’art. 26 c. 1 DL 18/2020, prevedendo espressamente l’esclusione di questi periodi dal computo per il periodo di comporto; e con la previsione di cui all’articolo precedente, il legislatore ha inteso tutelare quei lavoratori che sono costretti a rimanere assenti dal lavoro in quanto attinti dalle misure di quarantena e di isolamento fiduciario prevedendo, da un lato, l’equiparazione di detta assenza alla malattia e, dall’altro, escludendone la computabilità ai fini del periodo di comporto.

Successivamente, con Circ. Min. Salute 12 aprile 2021 n. 15127, si introduce la possibilità, per i soggetti positivi di lungo periodo (oltre 21 giorni) ma asintomatici, di accedere alle attività lavorative tramite modalità smart -ove il datore di lavoro sia organizzato in tal senso-.

Nello specifico il testo della circolare prevede che “ai fini del reintegro, i lavoratori positivi oltre il 21° giorno saranno riammessi al lavoro solo dopo la negativizzazione del tampone molecolare o antigenico effettuato in struttura accreditata o autorizzata dal servizio sanitario; il lavoratore avrà cura di inviare tale referto, anche in modalità telematica, al datore di lavoro, per il tramite del medico competente, ove nominato. Il periodo eventualmente intercorrente tra il rilascio dell’attestazione di fine isolamento ai sensi della Circolare del 12 ottobre e la negativizzazione, nel caso in cui il lavoratore non possa essere adibito a modalità di lavoro agile, dovrà essere coperto da un certificato di prolungamento della malattia rilasciato dal medico curante”.

La circolare sopra citata ha previsto per la prima volta la possibilità di prestare attività lavorativa nonostante la positività al COVID-19; in precedenza infatti il Mess. INPS 9 ottobre 2020 n. 3653, aveva definito chiaramente solo i comportamenti in caso di quarantena: un dipendente in quarantena è tenuto a prestare attività lavorativa se l’azienda può adibirlo a smart working ed in questo caso il dipendente non può presentare certificato medico di malattia; nel caso cui lo presentasse, il lavoratore deve chiedere al medico di base la chiusura della malattia stessa.

Questa scelta è legata al fatto che la possibile contagiosità non coincide con uno stato di malattia conclamata e pertanto l’attività lavorativa non deve essere necessariamente sospesa.

Recentemente è intervenuto anche il Tribunale di Asti in materia, con ordinanza del 5 gennaio 2022.

Definendo il caso di una lavoratrice licenziata -in maniera indebita- per raggiungimento del periodo di comporto, nonostante un periodo di quarantena e isolamento, il Giudice fornisce una panoramica più ampia delle assenze per isolamento e quarantena.

Nello specifico definisce che “la ratio della norma è quella di non far ricadere sul lavoratore le conseguenze dell’assenza dal lavoro che sia riconducibile causalmente alle misure di prevenzione e di contenimento previste dal legislatore e assunte con provvedimento dalle autorità al fine di limitare la diffusione del virus COVID-19, in tutte le ipotesi di possibile o acclarato contagio dal virus e a prescindere dallo stato di malattia, che – come ormai noto – può coesistere o meno con il contagio (caso dei positivi asintomatici). Invero, anche in caso di contagio con malattia, ciò che contraddistingue la malattia da COVID-19 dalle altre malattie è l’impossibilità, imposta autoritativamente, per il lavoratore di rendere la prestazione lavorativa e per il datore di lavoro di riceverla per i tempi normativamente e amministrativamente previsti, tempi che – ancora una volta – prescindono dall’evoluzione della malattia ma dipendono dalla mera positività o meno al virus.”

Pertanto, se da un lato il lavoratore può richiedere la possibilità di svolgere l’attività lavorativa in modalità smart working durante il periodo di isolamento, fatto salvo di essere asintomatico e con il benestare del medico di medicina generale, il datore di lavoro non può pretendere la prestazione lavorativa.

Solo il medico di medicina generale può infatti stabilire se il lavoratore è idoneo o meno a prestare attività e pertanto le scelte del datore di lavoro -e anche lavoratore- sono in stretta dipendenza dalle disposizioni del medico.

Come può il datore di lavoro gestire al meglio i casi dei lavoratori positivi ma asintomatici?

Attraverso attività di informazione aziendale e aggiornando il proprio protocollo anticontagio: il datore di lavoro ha l’onere di informare i lavoratori che, se asintomatici e con il benestare del medico di medicina generale, possono prestare attività lavorativa in modalità smart, con la previsione di opportuna sanificazione degli strumenti di lavoro quando vengono ricollocati in sede a termine del periodo di isolamento.

articolo di Barbara Garbelli – Giuffrè Francis Lefebvre S.p.A.