Co.co.org. e spazio residuo delle co.co.co. facciamo il punto della situazione

 originale che prevede altresì la sanzione per i casi in cui da quel perimetro ci si discosti.

L’art. 2, comma 1, della norma dispone infatti che “si applica la disciplina dei rapporti di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”.

In altri termini, in presenza dei requisiti previsti dalla norma, il rapporto di collaborazione rimane autonomo ma disciplinato come il rapporto di lavoro subordinato.

La prima applicazione giurisprudenziale della norma è stata adottata dalla Corte d’Appello di Torino in materia di riders (ciclo-fattorini impiegati nella consegna di pasti a domicilio da alcune società note nel settore; v. app. Torino 11 gennaio 2019).

Sempre sulle co.co.org. ha recentemente statuito una sentenza del Tribunale di Roma (6 maggio 2019), precisando che la norma individua un terzo genere, che si pone tra il rapporto di lavoro subordinato e la collaborazione coordinata e continuativa.

In buona sostanza, a) in presenza di sottoposizione al potere organizzativo e direttivo (tramite ordini specifici circa le modalità esecutive) del committente-datore di lavoro sarà configurabile un rapporto di lavoro subordinato; b) in presenza di unilaterale organizzazione di tempi e luoghi della prestazione da parte del committente (senza ingerenza che sconfini nel più stringente potere gerarchico e disciplinare) sarà configurabile una co.co.org. (con applicazione della disciplina del lavoro subordinato per effetto sanzionatorio previsto dalla legge, e non in conseguenza del processo di riqualificazione del rapporto); c) in presenza di lavoratore che unilateralmente – o in accordo con il committente – determini le modalità di svolgimento della prestazione (anche con riferimento a luogo e tempo della prestazione), sarà configurabile il classico rapporto di collaborazione autonoma coordinata e continuativa.

Si tratta allora di capire fino a che punto si spinga l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato alle co.co.org. (se solo il trattamento retributivo, o anche quello contributivo, e/o infine anche la disciplina dei licenziamenti) e quando sia ancora possibile fare ricorso alle co.co.co. classiche.

Al secondo dei problemi indicati risponde in parte il comma 2, dell’art. 2.

La norma prevede infatti alcuna tassative ipotesi in cui è possibile continuare a fare ricorso alle co.co.co., pur in presenza dei requisiti (di etero organizzazione) che altrimenti renderebbero applicabile il comma 1, ossia la disciplina del lavoro dipendente.

Si tratta dei casi delle collaborazioni autonome disciplinate dai contratti collettivi, delle attività prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali sia necessaria l’iscrizione in appositi albi, di attività prestate nell’esercizio della loro funzione da componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e delle collaborazioni rese in ambito sportivo dilettantistico.

Pertanto, lo spazio residuo delle co.co.co. è in generale quello riservato al lavoro autonomo personale e continuativo in cui il collaboratore ha il potere di determinare autonomamente (ovvero coordinandosi con il committente) le modalità si svolgimento della propria prestazione, anche con riferimento a tempi e luoghi.

Laddove invece la prestazione sia autonoma nelle modalità esecutive ma organizzata dal committente con riferimento a tempi e luoghi, lo spazio residuo per instaurare una co.co.co. è quello delle quattro eccezioni sopra elencate.

Ma se è chiaro che ai lavoratori dipendenti si applica l’intero apparato normativo previsto dall’ordinamento vigente (retribuzione, contribuzione, normativa vincolistica sui licenziamenti), non è altrettanto chiaro quale “disciplina del rapporto di lavoro subordinato” si debba applicare laddove il lavoratore rientri nel perimetro della co.co.org. (ai sensi dell’art. 2, comma 1, D.Lgs 81/15) senza integrare alcuna delle eccezioni (di cui al comma 2 della stessa norma).

La Corte d’Appello di Torino, partendo dal presupposto che le co.co.org. mantengono la loro natura di rapporto di lavoro autonomo, hanno statuito nel senso che a tali collaboratori spetta il trattamento retributivo previsto dal c.c.n.l. di settore (per i giorni di lavoro prestato, detratto il percepito), senza alcuna possibilità di andare oltre, in quanto un diverso inquadramento previdenziale e la disciplina dei licenziamenti presuppongono una vera e propria riqualificazione del rapporto in termini di subordinazione.

Articolo a cura dell’Avv. Alessandro Di Stefano dello Studio Legale De Martini – Ferrante & Associati.