Permessi Legge 104/1992: benefici e conseguenze delle violazioni

ha l’obiettivo di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo delle persone affette da disabilità e mira a fornire un aiuto concreto a coloro i quali se ne prendano cura.

 Chi ne ha diritto

Nel definire i soggetti che hanno diritto a tali agevolazioni, la legge identifica che la “persona con handicap” può essere soggetta ad  una minorazione fisica, psichica o sensoriale che causa difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa (tale da determinare svantaggio sociale o emarginazione) oppure può presentare una minorazione che abbia ridotto l’autonomia personale e reso necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale (una situazione, dunque, che assume connotati di gravità).

 Tali condizioni di handicap sono accertate dalle Unità Sanitarie Locali attraverso gli organi delle commissioni mediche, in modo che sia possibile accertare secondo modalità ben precise se una persona abbia effettivamente bisogno di ausilio, e per individuarne la corretta misura.

 I permessi e la loro regolamentazione variano in base all’età del disabile e al rapporto di parentela.

I lavoratori dipendenti genitori di un bambino disabile possono, nei primi tre anni di vita del bambino, scegliere tra:

– prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa per maternità;
– 2 ore di permesso giornaliero;

– 3 giorni mensili, anche continuativi.
Successivamente al compimento del terzo anno di vita del bambino:
– prolungamento del periodo di astensione facoltativa,
– tre giorni di permesso mensili coperti da contribuzione figurativa, fruibili anche in maniera continuativa.

 I lavoratori dipendenti parenti ed affini entro il 2° grado (ma anchele parti di unione civile e conviventi di fatto) hanno diritto, per il familiare disabile di qualsiasi età, a 3 giorni di permesso mensili, anche continuativi, coperti da contribuzione figurativa.

 Oltre che in questi casi, i permessi lavorativi sono riconosciuti anche ai disabili stessi in situazione di handicap grave, laddove ovviamente siano impiegati in un rapporto lavorativo: possono infatti godere di un riposo giornaliero di 1 o 2 ore a seconda dell’orario di lavoro, o, alternativamente, tre giorni di permesso mensile frazionabili in ore.

 In caso di ricovero

Per tutti i casi elencati è importante tenere conto che la fruizione dei permessi è accessibile fintantoché la persona con handicap in situazione di gravità non sia ricoverata a tempo pieno. Si considera “tempo pieno” un periodo che si prolunga per le intere 24 ore, durante le quali il disabile si trova in ospedale o strutture simili (pubbliche o private) che gli assicurano assistenza sanitaria continuativa. Il senso della norma è chiaro: si ha diritto di godere dei permessi solo se esiste effettivamente per il soggetto disabile il bisogno di ricevere cure costanti, ma se dette cure vengono già fornite dalla struttura presso cui è ricoverato, l’esigenza che giustificherebbe l’allontanamento del dipendente dal posto di lavoro viene automaticamente meno.

Sono comunque riconosciuti i permessi per i genitori di minori disabili che, anche ricoverati, abbiano bisogno di assistenza, o nei casi in cui il disabile sia in stato vegetativo persistente e/o con prognosi infausta a breve termine.

 Retribuzione

Chi fruisce dei permessi per assistenza di familiari disabili riceverà  un indennizzo parametrato al 100% della retribuzione normalmente percepita, mentre avrà diritto al 30% di tale retribuzione il genitore che opti per il prolungamento dell’astensione facoltativa per maternità.

 Abusi e conseguenze giuridiche

La Giurisprudenza si è più volte espressa nei casi di abuso di tali permessi, ponendo dei capisaldi nell’interpretazione della disciplina.

La Suprema Corte, ad esempio, ha chiarito che l’assistenza svolta durante i permessi non debba necessariamente esplicarsi in casa, ma possa consistere anche in attività svolte al di fuori

delle mura domestiche (attraverso, ad esempio, l’acquisto di beni presso locali commerciali), purché dette attività siano comunque finalizzate all’assistenza del disabile. In più, in una diversa sentenza, ha specificato che durante il permesso l’assistenza deve essere l’attività principale da svolgere, ma anche che essa non deve essere così stringente da non lasciare al lavoratore nemmeno un breve momento utile per prendersi cura dei propri bisogni.

 Tuttavia, è utile prestare attenzione alle conseguenze dei comportamenti che esulano dalla prescrizione della disciplina sui permessi a beneficio di disabili gravi.

Chi commette un abuso, oltre a violare i principi di buona fede e correttezza vigenti tra datore di lavoro e dipendente, può incorrere anche in due diverse tipologie di reato.

1) La condotta può rientrare nel reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, nello specifico relativa all’indennizzo anticipato dal datore di lavoro e a questi versato dall’INPS. Tale reato, perseguibile d’ufficio senza querela dell’INPS o del datore di lavoro, a seconda della somma indebitamente percepita, può essere punito, alternativamente, con una sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra i 5.164 e i 25.822 euro o con la reclusione da sei mesi a tre anni.

2) Può anche essere integrato da chi fruisce illecitamente dei permessi ex lege n. 104/1992 il reato di truffa ai danni dello Stato, punito con la reclusione da uno a cinque anni e con una multa il cui ammontare è compreso tra 309 e 1.549 euro. Si tratta di una pena più grave di quella prevista per il reato precedente, in quanto la condotta illecita, oltre che di per sé già meritevole di essere punita, presenta l’aggravante di essere stata compiuta nei confronti dello Stato, creando un pregiudizio all’erario pubblico. In più, la maggiore gravità è data dal fatto che il lavoratore non si è solo limitato ad arricchirsi indebitamente, ma lo ha fatto attraverso una manipolazione della realtà che non può che meritare una pena più pesante.

 Rientrando nella “dimensione” relativa al rapporto tra lavoratore e datore di lavoro, la conseguenza principale di chi indebitamente fruisce delle agevolazioni della Legge 104/1992 è, ovviamente, la piena legittimazione del datore di effettuare il licenziamento per giusta causa (quindi “in tronco”, senza alcun preavviso) del dipendente che si sia macchiato di detto abuso.

 

 

Estratto da

Monica Lambrou, Legge n. 104/1992: benefici, abusi e conseguenze giuridiche, «Diritto & Pratica del Lavoro» n. 22/2019, pp. 1402 – 1408.