La retribuzione dei giorni di ferie e le voci variabili

La retribuzione delle ferie deve comprendere tutte le voci rientranti nella normale retribuzione.

Detto principio è presente sia nell’ordinamento italiano sia in quello europeo.

Chiara, al proposito, la Corte di Cassazione, con le pronunce 13425/2019 e 22401/2020. Quest’ultima, ad esempio, ha evidenziato che: “il diritto del lavoratore a ferie retribuite trova una disciplina sia nel diritto interno (art. 36, comma 3°, Cost.: “il lavoratore ha diritto…a ferie annuali retribuite”; art. 2109, comma 2°, cod. civ.: il prestatore di lavoro ha diritto “ad un periodo annuale di ferie retribuite”; art. 10 d.lgs. n. 66 del 2003, ratione temporis applicabile: “…il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo…di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane”), sia in quello dell’Unione (Art. 7 Direttiva n. 2003/88/CE)”. E così la citata ordinanza 22401/2020 della Suprema Corte prosegue: “Per ciò che riguarda, in particolare, “l’ottenimento di un pagamento” a titolo di ferie annuali, la Corte di Giustizia, sin dalla sentenza 16 marzo 2006, cause riunite C-131/04 e C-257/04, Robinson-Steele e altri (punto 50), ha avuto occasione di precisare che l’espressione “ferie annuali retribuite”, di cui all’articolo 7, n. 1 della Direttiva n. 88 del 2003, intende significare che, per la durata delle ferie annuali, “deve essere mantenuta” la retribuzione; in altre parole, il lavoratore deve percepire la retribuzione ordinaria per tale periodo di riposo (negli stessi sensi, anche sentenza CGUE 20 gennaio 2009 in C-350/06 e C-520/06, Schultz-Hoff e altri, punto 58). L’obbligo di monetizzare le ferie è volto a mettere il lavoratore, in occasione della fruizione delle stesse, in una situazione che, a livello retributivo, sia paragonabile ai periodi di lavoro (v. sentenze citate Robinson-Steele e altri, punto 58, nonché Schultz-Hoff e altri, punto 60). Maggiori e più incisive precisazioni si rinvengono nella pronuncia della Corte di Giustizia 15 settembre 2011, causa C-155/10, Williams e altri (punto 21), dove si afferma che la retribuzione delle ferie annuali deve essere calcolata, in linea di principio, in modo tale da coincidere con la retribuzione ordinaria del lavoratore e che una diminuzione della retribuzione idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie sarebbe in contrasto con le prescrizioni del diritto dell’Unione”.

Si tratta pertanto di individuare quali siano le voci variabili della retribuzione che devono essere comprese nel pagamento delle ferie:

  • : “qualsiasi incomodo intrinsecamente collegato all’esecuzione delle mansioni che il lavoratore è tenuto ad espletare in forza del suo contratto di lavoro e che viene compensato tramite un importo pecuniario incluso nel calcolo della retribuzione complessiva del lavoratore… deve obbligatoriamente essere preso in considerazione ai fini dell’ammontare che spetta al lavoratore durante le sue ferie annuali (sentenza Williams e altri cit., punto 24)” ( 22401/2020);
  • : “vanno mantenuti, durante le ferie annuali retribuite, gli elementi della retribuzione “correlati allo status personale e professionale” del lavoratore” e tali possono essere “quelli che si ricollegano alla qualità di superiore gerarchico, all’anzianità, alle qualifiche professionali (sentenza Z.J.R. Lock cit., punto 30)” ( 22401/2020);
  • No: “gli elementi della retribuzione complessiva del lavoratore diretti esclusivamente a coprire spese occasionali o accessorie che sopravvengano in occasione dell’espletamento delle mansioni che incombono al lavoratore in ossequio al suo contratto di lavoro (v. ancora sentenza Williams e altri cit., punto 25)” ( 22401/2020).

È evidente che la corretta valutazione delle voci da ricomprendere nella retribuzione delle ferie deve essere fatta caso per caso, in virtù del contratto individuale di lavoro e di quello di categoria.

Avv. Massimo Pagnin, foro di Venezia.