Il preavviso nella risoluzione dei rapporti di lavoro
Premessa
Il rapporto di lavoro porta con sé aspetti che attengono non solo alla sua costituzione e gestione. Come in tutte le tipologie contrattuali, infatti, le parti possono giungere a sciogliersi dalle reciproche obbligazioni. E per far ciò devono necessariamente osservare quanto previsto per legge, per contratto collettivo o individuale.
In particolare, tenuto conto che la risoluzione del rapporto di lavoro avviene per scelta unilaterale (dimissioni o licenziamento), la parte recedente è tenuta a garantire all’altra un periodo in cui permettere la sostituzione del lavoratore o la ricerca di una nuova occupazione ovvero – nei casi di risoluzione immediata – riconoscere una indennità risarcitoria.
Da qui l’importanza dell’istituto del preavviso o della indennità sostitutiva che vengono puntualmente regolamentati a livello di contrattazione collettiva e che rivestono un estremo rilievo nell’ambito del recesso dal contratto di lavoro.
Approfondiamo l’applicazione dell’istituto del preavviso in alcune tipologie contrattuali e i suoi riflessi rispetto ad altri istituti caratterizzanti il rapporto di lavoro.
Il preavviso nelle varie tipologie contrattuali
Contratto a termine
L’art. 2118 c.c., rubricato recesso dal contratto a tempo indeterminato, prevede esplicitamente il preavviso per i soli rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
Nulla, invece, viene detto in riferimento al rapporto di lavoro a tempo determinato. Tale rapporto, infatti, si estingue con lo scadere del termine previsto senza che sia necessaria alcuna particolare manifestazione di volontà delle parti.
Il rapporto di lavoro a termine può cessare, prima della scadenza del termine, nelle seguenti ipotesi:
- per comune volontà delle parti;
- per recesso (licenziamento o dimissioni) per giusta causa.
Nelle predette ipotesi, in ogni caso, non è prevista l’applicazione del preavviso. Eventualmente, nei casi soprattutto disciplinati dalla contrattazione collettiva, la parte recedente dovrà riconoscere una indennità risarcitoria pari alle mensilità mancati alla conclusione del contratto.
Apprendistato
L’apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato, finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani, caratterizzato tuttavia dalla libera recedibilità al termine del periodo di apprendistato.
L’art. 42, c. 4, D.Lgs. 81/2015, infatti, prevede espressamente che al termine del periodo di apprendistato le parti possono recedere dal contratto (art. 2118 c.c.), con preavviso decorrente dal medesimo termine.
Durante il periodo di preavviso continua a trovare applicazione la disciplina del contratto di apprendistato.
Nel caso in cui nessuna delle parti receda al termine del periodo di apprendistato, il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Nel corso del rapporto di apprendistato, invece, è comunque ammesso il recesso per giusta causa, senza applicazione dell’istituto del preavviso. Nell’ipotesi di dimissioni volontarie ovvero di licenziamento per giustificato motivo oggettivo o soggettivo è comunque necessario osservare il periodo di preavviso previsto dal CCNL applicato ovvero, in mancanza di preavviso, è necessario riconoscere l’indennità sostitutiva dello stesso.
Rapporto dirigenziale
Anche nel caso di licenziamento di un dirigente la disciplina è contenuta nell’art. 2118 c.c.
Il licenziamento deve pertanto essere comminato con preavviso ovvero, in mancanza del rispetto del termine di preavviso, deve essere corrisposta l’indennità sostitutiva.
La disciplina della durata e della decorrenza del preavviso del dirigente è contenuta esclusivamente nei contratti collettivi.
Trova applicazione anche ai dirigenti il disposto ci sui all’art. 2119 c.c., ovvero la possibilità di licenziare senza preavviso in presenza di una giusta causa, ossia una causa talmente grave da non consentire la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro.
Il preavviso in regime di tutela: dimissioni per giusta causa
Le dimissioni rese per giusta causa (art. 2119 c.c.) pur esonerando dall’obbligo del preavviso, impongono il pagamento dell’indennità sostitutiva.
In tali ipotesi, infatti, le dimissioni sono rese dal lavoratore a causa di gravi violazioni degli obblighi contrattuali ad opera del datore di lavoro tale da impedire al lavoratore la prosecuzione, anche temporanea, della prestazione lavorativa (come ad esempio nel caso di mancata corresponsione della retribuzione per almeno tre mesi).
La ratio della corresponsione dell’indennità sostitutiva del preavviso è da rinvenirsi nella posizione di “debolezza” del lavoratore rispetto a quella del datore di lavoro.
Obbligo del preavviso in caso di dimissioni durante il periodo protetto
Maternità e paternità
Ai sensi dell’art. 54 D.Lgs. 151/2001 (c.d.Testo Unico sulla maternità e paternità), è previsto il divieto di licenziamento per le lavoratrici per il periodo decorrente dall’inizio della gravidanza e sino al compimento di un anno di età del bambino.
Invece, in caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo protetto anzidetto la lavoratrice ha diritto alle indennità previste dalle disposizioni di legge e di contratto per il caso di licenziamento. In primis, dunque, l’indennità sostitutiva del preavviso.
Inoltre, nelle ipotesi di dimissioni la lavoratrice non è tenuta ad osservare il periodo di preavviso.
Nell’ambito del periodo protetto, la risoluzione del rapporto di lavoro può intervenire anche per risoluzione consensuale.
La risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, devono essere convalidate presso la sede territorialmente competente dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL). Alla predetta convalida è sospensivamente condizionata l’efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro.
Matrimonio
Le dimissioni della lavoratrice intervenute nel periodo tra il giorno della richiesta di pubblicazione del matrimonio ed un anno dopo le nozze devono essere confermate, a pena di nullità di dette dimissioni, presso la sede territorialmente competente dell’INL.
In caso di dimissioni convalidate, non è ammesso che il preavviso sia lavorato.
Con riferimento alla corresponsione dell’indennità sostitutiva del preavviso nelle ipotesi di dimissioni convalidate durante il periodo protetto per matrimonio si rinvia alla disciplina contenuta nel contratto collettivo applicato in azienda.
Preavviso nel caso di sopravvenuta inidoneità alle mansioni
Il licenziamento intimato per sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore contempla l’obbligo del preavviso.
La giurisprudenza, sul punto, ha precisato che l’impossibilità sopravvenuta della prestazione deve essere ricondotta alla nozione di giustificato motivo oggettivo di licenziamento.
In tali ipotesi, infatti, non è sufficiente il semplice verificarsi delle condizioni che determinano l’impossibilità della prestazione, in quanto il datore di lavoro, a fronte di una sopravvenuta impossibilità a svolgere la prestazione da parte del lavoratore, è tenuto a verificare se tale lavoratore può essere impiegato in altre e diverse mansioni rispetto a quelle svolte in precedenza, compatibili con l’impossibilità sopravvenuta (c.d. onere di repechage).
Indennità sostitutiva del preavviso e decesso del lavoratore
La morte del lavoratore (art. 2122 c.c.) comporta l’estinzione del rapporto di lavoro con conseguente obbligo per il datore di lavoro di erogare al coniuge, ai figli e, se vivevano a carico del prestatore di lavoro, ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il secondo grado:
- la retribuzione relativa all’ultimo periodo di paga;
- i ratei maturati relativi alle mensilità aggiuntive e l’eventuale indennità sostitutiva delle ferie o di altri riposi non goduti;
- l’indennità sostitutiva del preavviso;
- il trattamento di fine rapporto.
Preavviso e ammortizzatori sociali
Il licenziamento intimato in costanza di fruizione di trattamento straordinario di integrazione salariale impone l’obbligo del rispetto del preavviso.
Qualora il licenziamento sia comunicato nel rispetto del termine del preavviso, ancorché non sia possibile svolgere la prestazione lavorativa e il decorso del termine avvenga perdurando la collocazione in CIGS del lavoratore licenziato, non è dovuta l’indennità sostitutiva del preavviso.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, l’obbligo del preavviso sussiste anche nel caso di dimissioni del lavoratore in CIGS.
Il preavviso nei trasferimenti d’azienda e cessazione dell’attività
Nelle ipotesi di trasferimento d’azienda (art. 2112 c.c.) i rapporti di lavoro in essere alla data del trasferimento proseguono, senza soluzione di continuità e con il mantenimento di tutti i diritti acquisiti, con il nuovo datore di lavoro.
Se durante il periodo di preavviso interviene un trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro prosegue ope legis con il cessionario, sino alla scadenza del suddetto termine, con la conseguente sussistenza dell’obbligo di solidarietà fra cedente e cessionario (art. 2112 c.c.), per il soddisfacimento dei crediti del lavoratore già maturati all’atto della cessione.
Qualora, nei tre mesi successivi il trasferimento d’azienda, le condizioni di lavoro subiscano una sostanziale modifica, il lavoratore può rassegnare le dimissioni con gli effetti di cui all’art. 2119, c. 1, c.c. con diritto all’indennità sostitutiva di preavviso.
Nella nozione di giustificato motivo oggettivo di licenziamento rientrano anche le seguenti ipotesi:
- riassetto organizzativo dell’azienda per una più economica gestione;
- cessazione di attività.
Il licenziamento direttamente connesso ad uno dei casi citati è quindi soggetto all’obbligo del preavviso.
Per quanto riguarda, invece, le vicende estintive dell’impresa, particolare importanza rivestono il fallimento, la liquidazione volontaria e la liquidazione coatta amministrativa. Si tratta di procedure concorsuali dirette ad estinguere l’impresa dopo aver soddisfatto i creditori.
Nella liquidazione coatta, a differenza della liquidazione volontaria, viene tutelato, non tanto l’interesse dei creditori, quanto un interesse pubblico collegato alle particolari imprese che risultano assoggettabili alla relativa disciplina della liquidazione coatta amministrativa (assicurazioni, le banche, le cooperative, gli enti pubblici ed i consorzi obbligatori).
Nella procedura fallimentare, invece, l’interesse primario tutelato è quello dei creditori.
I creditori possono essere distinti in creditori ordinari e privilegiati. Tra questi ultimi rientrano anche i lavoratori subordinati.
In caso di intimazione di licenziamento per cessazione di attività conseguente a dichiarazione di fallimento, conclusione del periodo di liquidazione volontaria, termine della liquidazione coatta amministrativa, salvo la sussistenza delle condizioni per svolgere la prestazione lavorativa durante il preavviso, esso va sempre riconosciuto a titolo di indennità sostitutiva.
Ai sensi dell’art. 2119, c. 2, c.c., il fallimento dell’imprenditore non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto di lavoro.
Tuttavia, la Legge Fallimentare consente al curatore di subentrare nei rapporti di lavoro in essere ovvero di non proseguire negli stessi e pertanto intimare il licenziamento ai lavoratori.
Il preavviso nel licenziamento collettivo
La fattispecie del licenziamento collettivo è contenuta dell’art. 24 L. 223/91.
La disciplina dei licenziamenti collettivi è applicabile dall’impresa che occupa più di 15 dipendenti.
Il licenziamento collettivo è caratterizzato dal numero dei licenziamenti (che coinvolge almeno 5 dipendenti) e dall’arco temporale, di regola, di 120 giorni entro cui deve concludersi la procedura.
Tali elementi distinguono la fattispecie dei licenziamenti collettivi dai licenziamenti individuali plurimi intimati per giustificato motivo oggettivo dove emerge la necessità di valutare le ragioni produttive e organizzative dedotte dall’imprenditore.
Anche il licenziamento collettivo richiede il rispetto del periodo di preavviso. In difetto, salvo diversi accordi da sottoscrivere in sede protetta, dovrà essere riconosciuta la corrispondente indennità sostitutiva.
Obbligo di preavviso in caso di risoluzione del rapporto per superamento dell’età pensionabile
In riferimento alla risoluzione del rapporto di lavoro per applicazione della clausola automatica legata ad età predeterminate, la Corte di Cassazione (Cass. 20 marzo 1988 n. 2896) ha precisato che solo qualora il raggiungimento di una determinata età (normalmente quella pensionabile) garantisca il lavoratore tramite clausola di stabilità convenzionale preclusiva della risoluzione anticipata del rapporto dai rischi del recesso discrezionale, la stessa può fungere da condizione di risoluzione automatica del rapporto, senza necessità di intimazione di preavviso.
Solo in presenza di queste caratteristiche atte a configurare una clausola di stabilità relativa, secondo la Suprema Corte, è ammissibile la risoluzione in automatico e senza preavviso del rapporto al raggiungimento di una determinata età.
In assenza di siffatte clausole, la risoluzione del rapporto per licenziamento per raggiungimento dell’età pensionabile rientra in una delle ipotesi previste per il licenziamento ad nutum con obbligo di preavviso che decorre comunque dal raggiungimento da parte del lavoratore dell’età pensionabile.
In materia di licenziamento per raggiunti limiti di età, la Corte di Cassazione (Cass. 2 maggio 2012 n. 6641) ha inoltre chiarito che l’indennità per mancato preavviso spetta anche al lavoratore che venga licenziato per raggiunti limiti di età dopo aver operato la scelta di proseguire il rapporto di lavoro (art. 6 DL 791/81 conv. in L. L. 54/82).
Licenziamento per superamento del periodo di comporto
Il lavoratore ha diritto, in caso di malattia o infortunio, sia professionale che extraprofessionale, alla conservazione del posto di lavoro per un periodo (c.d. periodo di comporto) scaduto il quale, in base all’art. 2110, c. 2, c.c. può essere licenziato (art. 2118 c.c.) con diritto al preavviso.
Il periodo di comporto previsto da leggi o dai contratti collettivi è normalmente differenziato in relazione all’anzianità di servizio.
Decorso il termine del periodo di comporto, in caso di risoluzione del rapporto, si applica il preavviso, decorrente dalla data di intimazione del licenziamento ovvero dalla data di comunicazione delle dimissioni, salvo diversa previsione contrattuale.
Casi di esclusione dell’obbligo di preavviso
Infine, la giurisprudenza ha escluso la sussistenza dell’obbligo del preavviso, oltre che nelle ipotesi di recesso per giusta causa anche nei casi di:
- risoluzione consensuale del rapporto di lavoro;
- recesso anticipato da rapporti a tempo determinato;
- licenziamento effettuato in presenza di accordi aziendali che abbiano disposto l’immediata ricollocazione dei lavoratori licenziati presso altre imprese;
- recesso durante il periodo di prova.
art. 2118 c.c.
articolo a cura di Francesco Geria – Giuffrè Francis Lefebvre S.p.A. 2022.