controllo a distanza spazio residuo dei “controlli difensivi”

Il tema è di evidente attualità.

Rammentiamo infatti che si rientra nella disciplina in esame tutte le volte in cui, attraverso una strumentazione presente in azienda, sia possibile, anche in via indiretta, controllare l’attività del lavoratore. La norma, originariamente pensata per le telecamere, è applicabile alla posta elettronica, ai dispositivi di geo-localizzazione e ai molteplici software applicativi in uso ai dispositivi aziendali (smartphone, tablet, ecc.).

Compatibilmente con la sintesi e l’approssimazione che questa sede di primo commento impone, ricordiamo che tali apparecchi devono essere autorizzati da una specifica intesa sindacale o, in assenza, dall’Ispettorato del lavoro, e possono essere installati solo per esigenze organizzative, produttive, di sicurezza e tutela del patrimonio (non per controllare direttamente i lavoratori).

Se gli apparecchi sono “strumenti di lavoro” (servono cioè a rendere la prestazione), non serve l’autorizzazione.

Che siano strumenti aziendali (autorizzati) o di lavoro (in uso per rendere la prestazione), è in ogni caso necessario che al lavoratore sia data adeguata informativa sulle modalità d’uso e sulle modalità di controllo degli strumenti stessi: se il lavoratore non è informato in questi termini i dati raccolti attraverso tali strumenti non sono utilizzabili.

Il caso che si pone in pratica è quello in cui dalle informazioni raccolte attraverso gli strumenti (ad esempio, posta elettronica, monitoraggio dei siti internet visionati, ecc.) emerga un grave inadempimento del lavoratore, non contestabile disciplinarmente in assenza di previa informativa.

Per “controllo difensivo” si intende ogni attività finalizzata a reprimere l’illecito, non a controllare il lavoratore; attività ritenuta ampiamente lecita prima della riforma, allorché non era prevista alcuna informativa.

Vi è oggi chi sostiene che non vi sia più spazio per i controlli difensivi, poiché le esigenze di tutela del patrimonio che in precedenza li giustificavano sono state inserite nella norma: oggi pertanto non sarebbe possibile in nessun caso utilizzare i dati raccolti senza previa informativa al dipendente, neppure se dai dati si ricava un grave inadempimento.

Non sarebbe in altri termini sufficiente a licenziare un dipendente verificare la sua infedele attività a favore della concorrenza attraverso posta elettronica, in assenza della previa informativa sui controlli.

Una sentenza del Tribunale di La Spezia, pur emessa nel mese di novembre del 2016, offre tuttavia interessanti spunti di riflessione.

La pronuncia ritiene infatti che vi siano ancora spazi residui di lecito ricorso ai controlli difensivi, ossia la possibilità di utilizzare disciplinarmente i dati raccolti tramite controllo a distanza anche in assenza della previa informativa.

Nel caso i dati erano stati raccolti tramite tessera viacard (strumento idoneo al controllo a distanza), dalla quale emergevano diversi inadempimenti, sia durante l’orario di lavoro (accessi e uscite anomale rispetto all’itinerario programmato) sia al di fuori dell’orario di lavoro (utilizzo in giornate non di servizio).

Il Giudice ha innanzitutto ritenuto la viacard strumento di lavoro, in quanto utilizzata per rendere la prestazione; strumento estraneo quindi all’autorizzazione sindacale e dell’Ispettorato del lavoro.

Ma il Giudice ha altresì ritenuto che la previa informativa è necessaria solo per gli inadempimenti connessi alla prestazione lavorativa (e rilevati quindi durante l’orario di lavoro).

Significativo è che il Giudice abbia ritenuto irrilevante/non necessaria l’informativa al dipendente per “le condotte estranee alla prestazione lavorativa” (utilizzo della tessera in giornate non lavorative).

Con tale pronuncia il Giudice ha individuato uno spazio ragionevole di utilizzo del controllo c.d. “difensivo”, ossia estraneo alla disciplina dell’art. 4 dello statuto, che permette di reprimere i casi più gravi senza che il lavoratore possa fare ricorso ad eccezioni di carattere formale come l’assenza di informativa.

Di segno opposto (anche se il caso era diverso) una più recente sentenza del Tribunale di Padova (19 gennaio 2018), che ha invece ritenuto sempre necessaria (anche in presenza di indizi specifici di compimento di condotte illecite) la previa informativa al lavoratore.

 Articolo a cura dell’avvocato Alessandro Di Stefano dello Studio Legale De Martini – Ferrante & Associati.