Assenza ingiustificata può equivalere a dimissioni, con conseguente esclusione sia del costo del ticket Naspi per l’azienda sia della Naspi per il lavoratore?

Sempre più frequente, e a volte consigliato, il comportamento di lavoratori che si assentano dal lavoro senza fornire alcuna giustificazione, per indurre l’azienda ad adottare il licenziamento per assenza ingiustificata.

Dopo che alcune sentenze avevano stabilito che in questo caso l’azienda che licenziava perché “ costretta” dal lavoratore poteva “addebitargli” il costo del c.d. tiket Naspi, ora il Tribunale di Udine con una sentenza del 27 maggio scorso si spinge oltre afferma che al fine di evitare tali abusi, che comportano una ricaduta di ordine economico sia per il datore sia per le finanze pubbliche, il comportamento del lavoratore va qualificato come una risoluzione di fatto del rapporto per disinteresse alla prosecuzione o comunque per il raggiungimenti di fini illeciti (indennità Naspi) senza che a monte ci sia una perdita involontaria del lavoro..

Il Tribunale ha quindi accertato che il datore di lavoro aveva correttamente comunicato la cessazione del rapporto di lavoro al Centro per l’impiego con causale “dimissioni”.

Viene superata la necessità di formalizzare in via telematica le dimissioni affermandosi che la normativa introdotta nel 2015 non esclude la possibilità di dimettersi per “fatti concludenti”. In effetti il fenomeno che si voleva contrastare con le dimissioni on line era quello delle c.d. dimissioni in bianco, come risulta anche dalla legge delega del c.d. Jobs Act.

La sentenza impone maggiore attenzione sia per i lavoratori che per le azienda in fasi in cui non si riesce a trovare una soluzione “concordata” in uscita.